Da settimane i media transalpini stanno lanciando un’offensiva – che condividiamo – contra la condanna a dieci anni di lavori forzati, comminata in Madagascar all’imprenditore francese, ed ex ufficiale, Philippe François. Della vicenda giudiziaria, i cui contorni sono rimasti oscuri, si è trattato molto anche su questo spazio. Secondo la magistratura, costui sarebbe stato coinvolto – grazie ai suoi trascorsi militari – in un tentantivo di colpo di stato, che personalità politiche e militari malgasce avrebbero dovuto attuare nel luglio 2021. La difesa fa tuttavia notare che le prove a carico restano fumose, mentre per la stampa di Francia, l’imprenditore sarebbe piuttosto vittima del raffredamento dei rapporti tra Tana e Parigi, causa la rivendicazione delle Isole Sparse.
Insomma una sorta di sequestro di Stato per disporre di «merce di scambio», che ricorderebbe da vicino l’arresto, in Russia, della cestista statunitense Brittney Griner. Una brutta storia, resa ancor più drammatica dalle condizioni infernali del carcere di Tsiafahy, ove è recluso. Un penitenziario che dal 2018 è nell’occhio del ciclone, per l’impietosa denuncia di Amnesty international: «Le Autorità malgasce devono cessare immediatamente d’inviare detenuti in custodia cautelare nel carcere di massima sicurezza di Tsiafahy, decongestionare questa struttura e migliorare notevolmente le condizioni di detenzione».