Tra le attività che in Madagascar – nonostante il blocco legato alla pandemia – hanno subito pochi scossoni, c’è senz’altro l’adin’akoho, il combat de coqs. I combattimenti dei galli – giunti sull’Isola rossa attraverso le migrazioni malesi, e i commercianti arabi – sono infatti proseguiti anche durante le settimane del confinamento. Certo, si è trattato di eventi con un minore afflusso di persone – una cinquantina circa – e con un parziale rispetto delle regole di distanziamento sociale. Tuttavia spettatori e padroni hanno continuato a scommettere sui coq de combat. Nel Paese, la cruenta pratica non è affatto proibita – e molti ricordano che tempo fa persino un ministro della Cultura assistette a un combattimento – ma neppure regolamentata, ad esempio attraverso una federazione.
Richieste in tal senso sono comunque state recentemente fatte. Resta il fatto che, nei fine-settimana, persone di ogni ceto sociale affluiscono ai tanti gallodromi sparsi in tutta l’Isola, (tra i più noti vi è quello di Anosisoa, presso Antananarivo). Mentre attraverso i gruppi Facebook, come quello dell’Association Rooster King, si organizzano i tornei importanti: con grossi premi in denaro per i vincitori, e scommesse d’importo elevato (specie nel caso di scontri tra squadre). Così come le scommesse, possono variare molto anche i prezzi dei galli; per i migliori si pagano comunque oltre 1.700 euro.