La rivolta – e successiva fuga – dal carcere di Farafangana (nel sud-est del Madagascar, Regione Atsimo-Atsinanana), si è conclusa col bagno di sangue di 23 morti. Una vicenda su cui si è aperta un’inchiesta, e che ha mobilitato varie organizzazioni a difesa dei diritti umani, per l’uso non necessario della forza da parte delle forze dell’ordine. A seguire l’incipit dell’articolo «Madagascar, evasione finisce nel sangue: 22 detenuti uccisi. Diritti umani» – pubblicato sul portale del “Corriere della sera” – che vi ha dedicato il portavoce della Sezione italiana di Amnesty International, Riccardo Noury.
«L’evasione del 23 agosto da parte di 88 detenuti del carcere di Farafangana, nel sud-est del Madagascar, è finita in un bagno di sangue: 22 morti e almeno otto feriti in gravi condizioni. Secondo la stampa locale, gli evasi erano tutti in attesa di giudizio per reati minori: uno addirittura per aver rubato uno spazzolino da denti! La prigione di Farafangana è, come denunciato da Amnesty International nel corso di varie visite, sovraffollata (a maggio c’erano 453 detenuti a fronte di una capienza massima di 260) e le condizioni igienico-sanitarie sono pessime. All’interno vige un radicato regime di corruzione che obbliga a pagare tangenti per avere determinati servizi o prodotti. A causa della diffusione della pandemia da Covid-19, i detenuti non vedevano i loro parenti da mesi».