Il 5 giugno si è celebrata la Giornata mondiale dell’ambiente, e i media hanno ripetuto i numeri sulla deforestazione in Madagascar, che riportiamo anche qui. Il Paese ha subito, negli ultimi 60 anni, una significativa scomparsa del patrimonio forestale, con una diminuzione di quasi il 44% della superficie boschiva preesistente. Il dato è tratto da un noto articolo della rivista “Science direct”, firmato da un gruppo di scienziati guidati da Ghislain Vieilledent. L’aspetto preoccupante è che la linea di tendenza del disboscamento è in forte crescita. Secondo l’osservatorio Global forest watch, nel 2017 il Madagascar si è classificato al quarto posto, in termini di devastazione delle foreste: sono andati distrutti 510mila ettari, ossia il 3,8% dell’area ricoperta.
E tra il 2001 e il 2019 sono andati perduti 3,89 milioni di ettari, per una riduzione del 23% della superficie forestale esistente nel 2000. Le cause del fenomeno sono varie. In primis gli incendi degli allevatori per migliorare il pascolo, quelli per ripulire e bruciare la vegetazione invasiva, e l’ancestrale pratica contadina del tavy (o hatsake), per rendere fertile la terra. E poi gli incendi forestali veri e propri per guadagnare terreni coltivabili, quelli dei Dahalo (per condurre lontano e nascondere le mandrie rubate), la piromania, e infine la produzione di carbone, per ragioni di povertà e sopravvivenza.