Quando in aprile si è celebrata una ricorrenza della Gendarmerie, le varie prolusioni hanno ricordato lotta contro i Dahalo. E’ d’obbligo qui spiegare il singolare fenomeno. Infatti i Dahalo (in malgascio “ladri di zebù”) non sono solo predoni delle campagne del Sud del Madagascar, ma rappresentano in primis un sottogruppo etnico: i membri appartengono a un paio di etnie originarie dell’area, gli Antandroy e i Bara. E queste ultime sono sì due delle tradizionali 18 etnie in cui si riparte la popolazione. In sintesi i Dahalo – causa la condizione di estrema povertà in cui vennero a trovarsi durante il Novecento, legata per lo più al non possedere terre – iniziarono a dedicarsi occasionalmente al furto di bestiame (specie, per fornire la dote matrimoniale).
Gradualmente però, tra gli anni Settanta e Ottanta, questo “banditismo romantico” si è trasformato in criminalità organizzata, specializzata in sanguinarie rapine: e ancora oggi le bande terrorizzano i passeggeri dei taxi-brousse. Ossia furgoni, usati come taxi collettivi per il trasporto interurbano. Le cronache parlano ancora di sanguinose operazioni di Polizia, mentre non è un segreto che funzionari statali, militari, membri della Forza pubblica, magistrati e politici siano coinvolti nel commercio illegale del bestiame, rubato dai Dahalo. Intanto pochi mesi fa è uscito un videogioco intitolato Dahalo, ispirato al fenomeno.