Poiché lo scorso 28 settembre – Giornata internazionale dell’aborto sicuro – non eravamo online, rimediamo. E in sintesi spieghiamo la situazione in Madagascar, circa l’interruzione volontaria della gravidanza. Ebbene, la pratica è illegale anche in caso di stupro, ma sovente vi si ricorre in clandestinità. Così si legge sul Rapporto annuale 2017 – 2018 di Amnesty international: «L’aborto è rimasto un reato in tutte le circostanze ai sensi dell’art. 317 del codice penale. Chiunque praticasse o tentasse di praticare un aborto era punibile con una pesante ammenda e rischiava fino a 10 anni di carcere».
Insomma si tratta di un grave problema di salute pubblica, che coivolge ogni ceto. «Secondo le statistiche del Ministero della Sanità, il numero di aborti è stimato in 75mila l’anno. Ogni anno muoiono non meno di 600 donne e ragazze. Le condizioni di sicurezza sono insoddisfacenti, e portano a complicazioni fatali, che sono dovute in particolare all’eccessiva perdita di sangue, durante o dopo l’operazione», dice Mireille Rabenoro, presidente della Commission nationale indépendante des droits de l’homme (Cnidh). Secondo altre testimonianze, la situazione sarebbe anche peggiore: «Poiché gli aborti vengono eseguiti clandestinamente, queste statistiche non riflettono la realtà. Questi casi identificati riguardano solo le donne che si sono recate presso gli ospedali dopo complicazioni».